Ghemon ci prova con ORCHIdee. E ci riesce

ghemon-orchidee-659x659È stato come rivivere un déjà-vu il primo ascolto di ORCHIidee, il disco nuovo di Ghemon. Un tuffo nel passato, in quei primi anni Novanta, periodo d’oro del hip-hop, dove artisti come The Pharcyde, Hieroglyphics, The Roots, ma soprattutto Guru (Gang Star) con il suo leggendario progetto “Jazzmatazz”, portarono novità e sperimentazione nel mondo della rap music riuscendo a ridisegnare quelli che erano i rigidi confini sino ad allora delineati. Oggi, con un po’ di ritardo, quello stesso desiderio di volersi mettere alla prova, non solo intrecciando generi musicali differenti ma anche proponendo un modo di rappare diverso, si fa largo nella scena italiana, e l’effetto provocato è assai coinvolgente. Non stiamo parlando di campionamenti rubati a celebri brani soul o jazz, qui si parla di vera musica e rime eccellenti.

Non poteva essere diversamente. Chi ha creduto in un album come ORCHIidee e ha alimentato lo spirito d’iniziativa di Ghemon sono produttori ma soprattutto musicisti di spessore, personaggi come Tommaso Colliva, Rodrigo D’Erasmo (Afterhours) e Patrick Benifei (Casino Royale), solo per buttare lì alcuni nomi. Con la loro esperienza musicale, lontana dall’essere classificata come rap perché più vicina a quella alternative rock, sono riusciti a plasmare musiche e melodie assolutamente appropriate per accompagnare i pensieri, trasformati in liriche, di Ghemon. Una voce pulita che onora al meglio le sue doti di autore.

Tredici tracce, nessun featuring, quasi a voler difendere la propria identità, e poco rap d’impatto. ORCHIidee si avvicina più al pop e tanti sono gli esempi che lo dimostrano, a partire proprio dall’iniziale Adesso Sono Qui con quello stile Royale che subito conquista l’ascoltatore e lo fa star bene, per poi continuare attraverso il canto misurato e armonico proposto in Quando Imparerò. La perfetta sintonia tra ritornelli melodici e le liriche rappate si apprezzano in Da Lei e in Crimine , mentre l’impronta jazz è affidata alle note di un pianoforte in Fuori Luogo Ovunque e L’ultima Linea. Sono sempre i tasti bianchi e neri i protagonisti in Nessuno Vale Quanto Te, dove la propria autocelebrazione suona molto Changes.

Non ce ne vogliano i fans, ma nulla di innovativo dal punto di vista musicale, visto i precedenti. L’onesto e sincero giudizio che ci sembra corretto dare al disco e al suo autore è quello di riconoscerne il coraggio nel provarci, e la consapevolezza nel saper di aver fatto le cose per bene. Il risultato conquistato è la dimostrazione stessa della sua bravura e dell’intelligenza manifestata nel ottenerlo. La vera innovazione è che, pur essendo riuscito ad assemblare un prodotto “catalogabile” come rap, Ghemon riesce a rivolgenrsi ai giovani senza per forza usare il loro stesso linguaggio, spesso troppo volgare o offensivo. Qui si apprezza la capacità di saper scrivere belle canzoni che, sommata a produzioni ed arrangiamenti attraenti, esaltano il perfetto bilanciamento tra soul, jazz, rap e pop, tutte caratteristiche per noi irresistibili. Questo rende difficile non apprezzare ORCHIidee. Impossibile chiedere di più ad un disco.

Questa recensione la trovate anche su musicpost.it

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