Beyoncé arriva con un visual album, e non sbaglia un colpo

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A dire il vero, c’era d’aspettarselo. D’altra parte, dopo gli album di Lady Gaga, Katy Perry e quello di tante altre principessine della musica pop, dovevamo prevederlo. Eppure questo Beyoncé, il nuovo capitolo discografico della brava Beyoncé, c’è piombato addosso come un fulmine a ciel sereno. Nessun singolo apripista, nessuna anticipazione o presentazione, nessuno di quei misteriosi teaser che vanno tanto di moda per queste occasioni. Lei può concedersi di stravolge le regole comuni e, per non rischiare di perdere posizione, non solo pubblica il disco, ma si permette anche di mettere la freccia, cambiare corsia e passare al comando, lasciandosi alle spalle tutte le dirette rivali, se mai ce ne fossero state.

Siamo sicuri che parte del progetto era già in lavorazione, se non del tutto completato. Per incidere quattordici brani e realizzare per ciascuno di essi un video, e che video, non basta qualche week-end in uno studio di registrazione o qualche seduta dal parrucchiere e dall’estetista. Il visual-album era in cantiere da mesi. La decisione di pubblicarlo senza una tergiversante pubblicità è stata probabilmente motivata dalla paura di non perdere altro tempo. A noi invece, piace pensare ad una causa più romantica, ad una solenne cerimonia di presentazione tutta riservata all’album, ideato e realizzato per la sua concretezza e non per le possibili hit che frutterà. In parole povere, un disco completo, intero e non un assortimento di singoli con qualche superfluo riempitivo. È con questa immagine che noi lo abbiamo inteso ed ascoltato.

A sostegno della bella Beyoncé, una lunga lista di esperti collaboratori, nomi che garantiscono un successo sicuro ancora prima di comporre la canzone: Pharrell Williams, Harmon, i giusti beat creati da Timbaland e Justin Timberlake, duetti con Drake, Frank Ocean e con il marito, Jay-Z. Canzoni scritte da Miguel, The-Dream e Ryan Tedder. Sembra di leggere il bignami della “Nuova Musica Pop del XXI Secolo”.

Come abili ed esperti tessitori, sono riusciti ad intrecciare trama dopo trama, canzone dopo canzone un prezioso tessuto da modellare e far indossare alla pop star per eccellenza. Un’orditura realizzata con il cupo e rallentato dub di Haunted, l’R&B di Pretty Hurts, il pungente funk danzereccio anni ‘80 di Blow, l’ipnotico ambient con vocalizzi orientali di Drunk on Love e l’hip hop in stile M.I.A. presentato in Partition.

Ma non fermiamoci qui. Abbiamo i richiami Motown di Superpower in compagnia di Frank Ocean, le atmosfere affusolate e minimal di Mine, interpretata con Drake e prodotta dal suo braccio destro Noah “40″ Shebib, ed anche delle classiche ballate come Blue, dedicata alla piccola figlia, e Heaven. Si continua con l’armonia e la coralità di XO, la quasi copia di “Untitled” di D’Angelo riproposta con Rocket per poi passare alla malleabile melodia di Jealous.

Voi direte: facile fare un disco con tutti questi “aiuti da casa”. Vi sbagliate, perché per tingere e colorare con le giuste sfumature questo tessuto ci vogliono personalità, bravura, determinazione e una voce come la sua voce. Se a tutto ciò ci aggiungete anche sensualità, qui proposta in dose massiccia in quasi tutti i video presenti in Beyoncé, il risultato è garantito. Doveroso segnalare il videoclip di Haunted diretto dal regista Jonas Åkerlund, che ha maliziosamente ripreso qualcosa già fatto con Madonna.

Come restare indifferenti a tutto ciò? Difficile. Noi ci abbiamo provato, concentrandoci sulla musica e dedicandogli tutta l’attenzione che si merita. L’impressione è quella di un disco differente, nettamente superiore ai precedenti con le sue melodie non banali, con un r&b superiore e un rap adulto, con cambi di tonalità e un’energia abbagliante. Qui c’è di tutto e c’è tutta Beyoncé che interpreta un manifesto di se stessa della sua vita di madre, moglie, amante e cantante benedetta dal dono del “pop-soul”. D’altra parte con le doti che si ritrova può permettersi di cantare ciò che più le piace e di farlo con una professionalità coinvolgente.

Questa recensione è stata pubblicata anche su Music Post

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