Possiamo solo immaginare quanto possa essere inebriante ed eccitante per un giovane artista iniziare quella che a tutti gli effetti è la sua prima vera tournée. Ogni sera una città e un palcoscenico diverso sul quale esibirsi, davanti ad un pubblico desideroso di divertirsi, che non deve e non vuole essere deluso. Tra stupore e ammirazione chissà quali pensieri e aspettative si creano nella mente di un artista, che nel giro di pochi mesi è riuscito a raggiungere un’improvvisa popolarità anche fuori dai confini della sua nazione. Questo è quello che sta vivendo John Newman, talento della musica soul e R&B targata UK che lo scorso 20 novembre ha fatto tappa a Milano per il suo primo concerto italiano. Per lui il capoluogo lombardo non era del tutto sconosciuto, poiché era già stato invitato come ospite internazionale negli studi di X Factor 7 solo poche settimane prima.
Lo show, inizialmente programmato alla Salumeria Della Musica, è stato repentinamente trasferito dagli organizzatori della Barley Arts ai Mazzini Generali, locale più spazioso ed idoneo per far fronte alle numerose richieste giunte alle prevendite. Un risultato inaspettato ma di sicuro orgoglio, per questo ventitreenne ormai avviato sulla giusta strada del successo. Ad accoglierlo, un ambiente molto intimo e raccolto, il tutto avvolto da un’atmosfera molto british caratterizzata non solo dalla musica, ma anche dai numerosi presenti di madrelingua inglese che hanno colto l’occasione di questa data milanese per presentarsi ed accogliere nel miglior modo possibile il loro connazionale.
Sul palco prima di lui la giovanissima Chlöe Howl, che con la sua voce elegante ha cantato, oltre a No Strings il suo primo successo, anche la più recente Paper Heart, per un tuffo nel passato con un electro-pop dalle forti contaminazioni anni ‘80. Una breve esibizione, circa trenta minuti, giusto il tempo per riscaldare il pubblico, che ha saputo gradire la sua performance con il giusto entusiasmo.
Poco dopo le 22 il bianco telo che nascondeva il palco viene calato e con le note introduttive di Tribute, che accompagnano il lungo elenco dei cantanti che l’hanno artisticamente influenzato, John Newman da il via al suo show.
Quattro musicisti e due coriste affiancano il cantante che scende al centro del palco per impugnare il microfono, senza mostrare nessun segno di timidezza o timore. Un’ora di spettacolo, più che sufficiente per proporre il suo repertorio, in pratica tutto il suo primo album. Un’esibizione vivace e dinamica, con continui avvicendamenti da un lato all’altro del palco, fatti con gesti e atteggiamenti che ricordano le movenze di James Brown o di Wilson Pickett. Il ciuffo non si scompone ed è perfettamente in piega anche a fine concerto, anche dopo i continui side to side fatti per tenere il ritmo incalzante della musica. Solo in occasioni di Easy e Down the Line la frenesia di John Newman sfuma momentaneamente e lascia posto al sentimento.
Sul finire, una breve interruzione durante la quale il pubblico lo richiama sul palco intonando l’ormai famoso ritornello di Love Me Again, la hit che lo ha fatto conoscere e che, preceduta da Not Giving In -canzone dei Rudimental- ha chiuso lo show con una celebrazione di cori e battiti di mano.
All’uscita, i visi contenti e soddisfatti del pubblico manifestavano l’entusiasmo per il breve ma affascinante viaggio tra atmosfere soul e arrangiamenti r&b. Bravo lui, ma ci permettiamo di dire brava anche a Chlöe Howl, a tutti gli effetti un’interessante scoperta.
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