Ok, lasciamo da parte le Destiny’s Child, anche se la cosa risulterà difficile. Sappiamo tutti che Kelly Rowland era una di loro, ma la bella e brava cantante ha intrapreso ormai da dieci anni una carriera solista che, tra alti e bassi, l’ha portata a pubblicare il suo quarto album dal titolo Talk a Good Game. La cosa strana è che, se ripercorriamo velocemente il suo curriculum, non possiamo non notare quanto i suoi più famosi successi siano indelebilmente legati a collaborazioni musicali fatte con altri artisti.
Dilemma, il singolo d’esordio del 2002 premiato tra l’altro con un Grammy, è cantato con Nelly, il rapper con il cerotto; mentre per When Love Takes Over (2009), canzone che ha cambiando il modo di fare musica dance dando il via alle infinite collaborazioni tra dj ed interpreti R&B e Rap, si accompagna con David Guetta. Ha persino duettato con il nostro Tiziano Ferro nel suo singolo Indietro (2009). Potremmo definirla la “perfetta featuring”. Purtroppo per lei, tutto questo non è nulla rispetto al successo raggiunto dalla collega Beyoncé. Eppure la presenza scenica e le capacità vocali non le mancano. Forse è proprio vero che determinazione, volontà e soprattutto tanta fortuna servono per raggiungere le vette delle classifiche. Questo comunque non vuol dire che Kelly Rowland, paragonata a Beyoncé, debba essere considerata l’eterna seconda. Le sue soddisfazioni se le è tolte e con Talk a Good Game evidenzia in modo definitivo la sua innata bravura.
La scelta fatta da Kelly Rowland e dai sui produttori è chiara: abbandonare le sonorità dance che hanno dato vita ai suoi precedenti lavori per prendere ispirazione dal classico R&B anni ’90. Vengono infatti sacrificate, questo solo in parte, le produzioni più pop per dare ampio spazio alle canoniche ballate o ai brani in stile mid-tempo, tipici di quegli anni. Questo ha permesso di dare maggior risalto alle doti di Kelly. Queste qualità le possiamo apprezzare al meglio nella coraggiosa Dirty Laundry, struggente ballata nella quale le note del pianoforte accompagnano Kelly al confessionale per raccontare i suoi difficili rapporti sentimentali, quelli con un ex compagno violento ed anche quelli professionali, con l’amara invidia nei confronti della ex collega Beyoncé. Non è facile raccontare le proprie esperienze, soprattutto se queste sono negative, ma quando un artista riesce a mettersi in discussione togliendosi l’armatura dell’ipocrisia, il pubblico, quello autentico, apprezza e ne rimane affascinato. Se poi queste canzoni le canti come fa lei, il gioco è fatto.
L’inizio del disco potrebbe far pensare ad un altro album dance, un ritorno al passato. Ma questa è solo un’impressione. Infatti l’iniziale Freak, cover di un brano di Jamie Foxx qui riproposta con più energia, e Kisses Down Low, il primo singolo estratto che però non fa da ariete per scalare le classifiche, sono solo due casi del tutto isolati. Il vero disco è quello raccontato con il succedersi di tracce che seguono la linea di confine tra sensualità ed eleganza come nella già citata Dirty Laundry, ma anche in Down On Love, una delle tracce migliori del disco, dove le doti canore di Kelly vengono nuovamente rimarcate nel giusto modo, tanto da indurci a fare un inevitabile paragone con uno stile molto alla Mary J. Blige. Altri esempi sono Red Wine e I Remember, entrambi strutturati su suoni drum&bass, più lenti e retrò nel primo caso, ritmati e da club nel secondo.
In Gone, canzone orecchiabile con un ritornello pop radio, abbiamo il primo featuring dell’album, quello con il rapper Wiz Khalifa. Riconoscibile il campionamento di Big Yellow Taxi (1970) di Joni Mitchell, lo stesso utilizzato da Janet Jackson e Q-Tip per l’indimenticabile Got ‘Till It’s Gone (1997). Le altre collaborazioni si possono ascoltare nella title-track Talk a Good Game con il giovanissimo rapper, ma già riconosciuto autore e produttore, Kevin Cossom e nella nostalgica You Changed dove Kelly chiama vicino a se le ex colleghe Beyoncé e Michelle per cantare quella che potrebbe essere senza ombra di dubbio una vecchia traccia dimenticata in un cassetto dalle tre interpreti quando erano le Destiny’s Child. Alla fine dell’album due brani completamente differenti tra di loro anche se prodotti entrambi da Pharrell Williams. Da una parte Street Life con Pusha T, il brano più dance dell’album, e dall’altra parte Stand In Front Of Me che chiude elegantemente il disco dando un tocco soul anni ’60.
Cosa dire quindi di Talk a Good Game? Non è certo un album per il cosiddetto grande pubblico. La presenza di ballate sentimentali ed il fatto che Kelly Rowland abbia ritrovato la strada del R&B più sincero non attirano l’attenzione dei giovani che faticano ad apprezzare certi suoni. Le scelte fatte sono senza dubbio coraggiose. A noi però piace e siamo più che convinti che con questo album l’artista abbia dimostrato di aver raggiunto, dopo diversi cambiamenti, il perfetto equilibrio tra musica, testi ed emozioni regalandoci un lavoro affascinante, attraente e seducente. Cos’altro dire? Vi abbiamo già ricordato che Kelly Rowland faceva parte delle Destiny’s Child?
La recensione la trovate anche su musicpost.it
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