“Blurred Lines” il nuovo album di Robin Thicke

Blurred Lines, l’album: “leggero” d’autore

Nino Ferrer nel lontano ’67 cantava in La Pelle Nera il suo desiderio di cambiare colore di pelle nella speranza di poter diventare bravo e famoso come James Brown e Wilson Pickett. Oggi Ferrer verrebbe identificato come un tipico esempio di “blue-eyed soul”, non tanto per il testo della canzone, ma più che altro per il sound ed il suo modo di cantare.

Di “blue-eyed soul” invece, Robin Thicke ha dichiarato in più occasioni di non volerne proprio parlare. Ciononostante, quale migliore aggettivo per descrivere un bianco che si atteggia e canta come, se non meglio, di tanti cantanti R&B e Neo Soul? Se vi capita, e siamo certi che l’occasione non vi mancherà, provate a chiudere gli occhi mentre ascoltate Robin Thicke e poi vediamo se non vi vengono in mente artisti come Maxwell, Ne-Yo o Musiq Soulchild, giusto per citare alcuni esempi.

Per quanti non ricordano quali sono stati gli inizi della sua carriera, pensate ad un ragazzo in stile grunge che nel 2003 cantava, con una voce alla Al Green, When I Get You Alone, una canzone realizzata su un campionamento rubato alla quinta sinfonia di Beethoven, mentre correva in sella ad una bicicletta per le vie di New York con una borsa a tracollo. Sì, è la stessa persona che oggi si presenta in smoking nero e occhiali scuri.

In questi dieci anni, nei quali sia la musica R&B che lo stesso Robin Thicke si sono evoluti (questo è un chiaro riferimento a The Evolution of Robin Thicke del 2006, uno dei sui migliori lavori), il giovane cantante statunitense si è sempre contraddistinto senza però raggiungere il meritato riconoscimento, casa che avverrà di sicuro con Blurred Lines, il suo nuovo album.

Dopo un primo e fugace ascolto, non possiamo non notare una strana affinità tra l’immagine della copertina e ciò che è presente nell’album. La fotografia ritrae tre diversi profili di Robin Thicke, ognuno dipinto con un colore differente, quasi ad evidenziare i tre generi musicali che delineano il disco.

Troviamo il funky-pop, interpretato in Ooo La La, Ain’t No Hat For That, scritta con il padre Alan Thicke, e Get In My Way, tutte prodotte da ProJay collaboratore storico di Robin Thicke, che lascia il suo segno indelebile anche in questo disco. Infatti il falsetto, dote essenziale della voce di Robin Thicke, è accompagnato da sonorità che obbediscono al classico stile proposto e riconoscibile in tutti i suoi album. Questa volta, però, ProJay ha inserito quelle atmosfere musicale anni ’80 che fanno tanto figo e che piacciono ai produttori di successo. A questi brani ci aggiungiamo anche la scanzonata Top Of The World, con la quale Thicke ci racconta del suo successo e la voglia di consolidare la posizione raggiunta. Mai titolo fu più azzeccato visto i risultati ottenuti con il singolo Blurred Lines.

Nella sezione dance incontriamo Take It Easy On Me, dove la presenza di Timbaland è riconoscibile non solo per la sua voce camuffata attraverso il classico auto-tune, ma sopratutto per la produzione synth/pop metallica tipica del personaggio. Give It 2 U, secondo singolo estratto, è un brano interpretato in compagnia della giovane promessa Kendrick Lamar, qui presente più come cantante che come rapper. Il brano, un po’ come tutto l’album, non si mette di certo in luce per le sue liriche. Basta ascoltare alcune frasi del primo ritornello per rifilargli il bollino di Parental Advisory… Il miglior esempio lo possiamo apprezzare in Feel Good dove il soul di Robin Thicke è in perfetta sintonia con la produzioni dancefloor di Will.i.am.

Potevano mancare le tradizionali heart and soul, raffinati pezzi strappalacrime? Scontata la risposta. Sono le cose che gli riescono meglio, anche se qui le produzioni utilizzate tendono un po’ a sviarle dalle classiche soul ballads. Abbiamo 4 The Rest Of My Life dove nuovamente la voce in falsetto di Robin Thicke arriva quasi a consumarsi nel creare la giusta atmosfera per raccontare l’amore per la compagna con la quale condivide la propria vita sentimentale da quando erano entrambi adolescenti. La seconda dimostrazione di love song è The Good Life dove possiamo ascoltare i suoni vintage di pianoforte e violini. Vecchi ma non troppo.

In questi precisi raggruppamenti ecco l’unica eccezione. Probabilmente è proprio questa particolarità che l’ha resa così popolare. Blurred Lines suona diversa dalla maggior parte delle canzoni pop che sentiamo alla radio. Il produttore, Pharrell Williams, sembra aver preso come fonte d’ispirazione una “qualsiasi” Got to Give It Up di Marvin Gaye…

Ora, partire da una canzone come questa vuol dire vincere a mani basse. È bastato creare un beat essenzialmente coinvolgente, scrivere un testo ancora più elementare ed abbinargli un video così banalmente geniale in grado di catturare l’attenzione sia delle femminucce, vista la presenza di Robin, Pharrell e T.I., che soprattutto l’interesse dei maschietti per le belle modelle che fanno da scenografia. A questo punto la hit, che dalle nostre parti si chiama “tormentone”, è pronta per essere servita su un piatto rotante, non d’argento, ma d’oro. Se volete possiamo rigirare il coltello nella piaga ricordandovi che si è lasciato alle spalle concorrenti come Daft Punk e Justin Timberlake! Scusate se è poco

Adesso arriviamo ai colori della copertina. Tre tonalità: nero, rosso e blu, colori che si abbinano al funk, al romanticismo e al neon dei club. Queste tinte musicali nel loro insieme sono quelle che danno volume, armonia e bellezza al disco. I testi non sono certo da premio Nobel alla letteratura, ma l’abbinamento con le giuste musiche rendono l’intero album piacevole. Rispetto hai precedenti, Blurred Lines risulta essere meno passionale, ma sicuramente più dance, più mainstream e più leggero, e leggero non sempre è una caratteristica negativa per descrivere un disco.

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